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Categories: Scrittura

5 consigli per scrivere un buon dialogo

Scrivere un buon dialogo è la speranza di tutti gli scrittori, ma anche il cruccio.

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Le sequenze di dialogo, ossia le scene, sono quelle più complicate per diversi motivi. Come si fa a riprodurre la realtà senza essere banali? Come si costruiscono le battute? Come faccio a dare informazioni senza essere pedante e ridicolo? Queste e tante altre sono le domande che ricevo spesso quando qualcuno si trova invischiato in un dialogo che non lo convince.

Bene, in questa guida cercherò, per quanto possibile, di sintetizzare i principi basilari per la costruzione di un buon dialogo, senza incappare in banalità (ci provo, eh!).

Scrivere un buon dialogo: realistico, ma non reale

Scrivere un buon dialogo. Ti sei mai chiesto cosa renda alcuni dialoghi così speciali?

Sicuramente la verosimiglianza con la realtà aiuta a renderne l’efficacia, ma è sufficiente?

Il dialogo letterario, o dialogo scritto, è leggermente diverso dal dialogo reale, perfino da quello cinematrografico o televisivo.

Per esempio, in molti casi non è necessario inserire i saluti, se non portano nulla di “non detto”. Guarda qui sotto la differenza.

Es. n. 1

I due si incontrarono come al solito in piazza, nei pressi della panchina su cui si erano conosciuti.

“Ciao”

“Ciao”

“Come stai?”

“Bene, grazie”

In questo semplice botta e risposta non ci viene detto nulla, quindi possiamo evitarlo e dire semplicemente che i due si salutarono o, perfino, partire con la parte corposa del dialogo.

Es. n. 2

“Buongiorno”, lo salutò Cristina con tono sprezzante.

“B-buongiorno”, balbettò il ragazzino al bancone del bar.

In questo caso, invece, i saluti sono necessari, perché ci offrono, anche grazie all’aiuto delle didascalie o dialogue tag, un’idea del rapporto tra i due personaggi.

In conclusione, evitiamo i lunghi scambi di battute inutili. I lettori vogliono il “succo”!

Scrivere un buon dialogo: Ogni personaggio ha il suo linguaggio verbale e non verbale

Scrivere un buon dialogo. Simone è un operaio, ha solo la terza media e non ha mai letto un libro in vita sua. I suoi genitori sono persone semplici, provenienti dalle campagne marchigiane; lui ha sempre vissuto in provincia, tra la fabbrica e il bar dello sport, dove incontra ogni sera i suoi amici per giocare a biliardo e fischiare alle ragazze.

Per rendere realistico un personaggio simile dovrai inserire qualche strafalcione grammaticale e usare un linguaggio semplice. E, per favore, ti prego, non fargli uscire di bocca espressioni come “perbacco” o “ohibò”, perché sarebbe davvero una macchietta.

Ma il dialogo non è fatto solo di battute e di frasi pronunciate, il dialogo è fatto anche (e soprattutto) di frasi non dette, accompagnate da gesti ancora più eloquenti delle parole. Inoltre, molto spesso, ci troviamo di fronte a battute contraddette dai gesti.

Ecco perché è molto importante conoscere i personaggi che interagiscono. Ognuno avrà una sua precisa capacità di linguaggio, ma anche emozioni e sensazioni che lo portano a reagire in un determinato modo, come per esempio mentire spudoratamente, ma tradirsi con un gesto della mano.

Scrivere un buon dialogo: azione e ritmo

Scrivere un buon dialogo. Ti è mai capitato di leggere un dialogo più pesante di una descrizione? Be’, a me sì e ti posso assicurare che è stato molto difficile da digerire.

Il dialogo ha assoluto bisogno di ritmo. Con questo non intendo che tutti i personaggi debbano essere sbrigativi nelle battute, ma che la domanda giusta per revisionare un dialogo è sempre “cosa posso tagliare?”.

Attenzione ai verbi in -mente, che appesantiscono la lettura e tirano il freno a mano… altro che ritmo!

Infine, elemento da non sottovalutare, è la capacità del dialogo di presentare un’azione piena di suspense. Non puoi riassumere una scena del genere con una sequenza narrativa (troppo veloce), sarebbe un suicidio per la tensione; allo stesso modo non puoi inserire troppe sequenze riflessive, né descrittive, che sicuramente possono aiutare a comprendere le percezioni e le sensazioni del tuo personaggio, ma non aiuteranno di certo a creare l’azione. L’unica sequenza che ti permette di entrare nell’azione è il dialogo.

Scrivere un buon dialogo: offrire informazioni

Scrivere un buon dialogo. Il dialogo è molto utile per permettere ai personaggi di venire a conoscenza di alcune informazioni e informare il lettore di qualche elemento importante che riguarda i personaggi.

Mi spiego meglio.

Sul primo punto la questione mi sembra chiara. Un personaggio permette all’altro di conoscere un’informazione importante per lo sviluppo della vicenda.

Il secondo punto, invece, è un po’ più complesso. Se vogliamo far sapere che il marito del nostro protagonista si chiama Matteo, non possiamo fargli dire qualcosa tipo “Matteo, marito mio, sono tornato!” quando rintra a casa.

Tutt’al più potremmo aggiungere l’informazione nella didascalia (dialogue tag), oppure inserire qualche pensiero del protagonista riguardo le dinamiche di coppia.

“Amore, sono tornato!” gridò Giorgio nell’atrio chiudendo la porta.

Matteo era in cucina con la musica a tutto volume, ballava a ritmo di salsa. Non aveva sentito il suo rientro.

Dio quant’è bello! pensò osservandolo ancheggiare rapito dalla musica.

Qui nessuno dice chiaramente che sono una coppia, ma si capisce benissimo.

Scrivere un buon dialogo: usa la punteggiatura corretta

Scrivere un buon dialogo. E ora arriviamo alla domanda più gettonata. Come si inserisce la punteggiatura in un dialogo? Va all’interno delle virgolette? Fuori?

Qui la questione è articolata, ma non difficile.

Partiamo da un presupposto importante: la battuta di dialogo va intesa come una citazione all’interno di una narrazione. Si tratta, quindi, di una gerarchia precisa dei periodi.

Se la punteggiatura riguarda la battuta di dialogo, va inserita all’interno delle virgolette, se, invece, si tratta della frase didascalica, il tag che completa la battuta, allora avrai un altro ordine di punteggiatura.

Vediamo qualche esempio:

1. «Marco, si può sapere cosa diavolo stai facendo?» gridò Matteo quando lo vide arrampicato sulla grondaia.

In questo caso, la virgola dopo il nome indica l’evocativo, Matteo si sta rivolgendo a Marco.

«Simone ci ha sentiti!» disse Marco con una mano davanti alla bocca.

«Simone, ci ha sentiti!» disse Marco con una mano davanti alla bocca.

Dov’è la differenza fra queste due battute?

Nella prima Simone è il soggetto (della battuta), quindi Marco, che prouncia la battuta, si rivolge a un altro interlocutore avvisandolo che Simone ha sentito la conversazione; nel secondo caso, invece, Simone è l’interlocutore, quindi Marco si sta rivolgendo proprio a lui e la virgola sta a indicare l’evocativo, mentre una terza persona ha sentito la conversazione.

In queste due frasi, però, abbiamo sia la didascalia esterna che un punto esclamativo, che ci semplificano le cose. Il punto esclamativo, in particolare, essendo un segno di interpunzione di intonazione, può andare soltanto all’interno delle virgolette; la didascalia, invece, chiarisce dove vada il punto finale.

Cosa facciamo quando non abbiamo elementi a chiarire questa “gerarchia”?

«Simone ci ha sentiti!».

«Simone ci ha sentiti!»

Prendendo in considerazione la prima delle due proposte, togliamo la didascalia e vediamo cosa succede con la punteggiatura. Il punto finale esterno resta o no?

Qui non c’è una risposta giusta e una sbagliata, ma sono corrette entrambe.

Il punto esterno ricorda che la battuta del dialogo è a un sottolivello rispetto al testo, quindi la punteggiatura viene ripetuta per chiudere la frase e passare a quella successiva.

Molte case editrici optano per questa scelta, come per esempio Sellerio Editore e Edizioni E/O.

Al contrario, in molti casi, invece, il punto esterno viene omesso, ma solo per una scelta visiva/grafica. Quel punto, infatti, non è necessario, perché chiudendo le virgolette e non avendo inserito nessuna didascalia, il lettore capisce senza dubbi che la frase si chiude con il punto dentro le virgolette.

Scrivere un buon dialogo: la soluzione

Quello che devi sapere a tal proposito è che le case editrici hanno un documento fondamentale per i correttori e le correttrici di bozze, ma importantissimo anche per gli autori e le autrici: le norme editoriali.

Le norme editoriali sono quelle indicazioni e convenzioni definite dalla CE o dalla redazione (in caso di giornali o riviste) per formattare un testo, rendendolo, quindi, uniforme e formalmente coerente, sia in sé che con gli altri testi pubblicati dalla CE.

Naturalmente, queste norme non riguardano solo il dialogo (scelta del tipo di virgolette, punteggiatura), ma anche altri aspetti come il corsivo per alcuni nomi e termini.

La stessa cosa vale anche per gli autori indipendenti che optano per il self publishing. L’importante è fare una scelta e portarla avanti per tutto il testo.

Scrivere un buon dialogo: conclusioni

Scrivere un dialogo è davvero uno degli scogli più impervi, ma spero che con questi miei suggerimenti tu sia riuscito a comprendere almeno quante potenzialità abbia questo elemento e come usarlo al meglio.

A dirti la verità, ci sarebbero altri due consigli per scrivere un buon dialogo, ma li ho lasciati per ultimi perché sono i più pratici e semplici.

Scrivere un buon dialogo: gli ultimi consigli

1. Per scrivere un buon dialogo devi imparare a leggere e interpretare le battute.

Per capire se il tuo dialogo ha ritmo, se i personaggi hanno davvero voci diverse, se la punteggiatura (ricorda gli evocativi!) è ben posizionata, prova a leggere ad alta voce ciò che hai scritto, interpretando la voce di ogni personaggio e aggiungendo l’intonazione giusta. Sono sicura che questo ti farà vedere ciò che prima non vedevi.

2. Questo secondo suggerimento è un po’ più folle. Ti ricordi come ci hanno insegnato le sillabe da bambini? Battere le mani (o nel mio caso battere la mano sul tavolo, per mia fortuna lavoro a porta chiusa altrimenti avrebbero già chiamato la neuro) è un accompagnamento fantastico per capire se le battute hanno ritmo e se le didascalie sono troppo lunghe o appesantiscono la lettura.

Lo so, inizialmente ti sentirai un po’ ridicolo, ma non esitare, anzi, insisti! Io uso entrambi i metodi anche quando edito, sono infallibili!

Scrivere un buon dialogo: infine…

Infine, se sei scrittore, sei sicuramente anche lettore; quando scrivi un dialogo, pensa sempre a come ti senti quando ne leggi uno, a come la pagina ti sembri ariosa.

Che tipo di dialogo vorresti leggere in un romanzo? Quali sono i dialoghi che ti sono piaciuti di più?

Appunta sempre tutto, lascia un post it nella pagina, sottolinea a matita, ricopialo nel tuo diario segreto. Fai come vuoi, ma tieni sempre con te gli esempi virtuosi!

Scrivere un buon dialogo: non sei ancora convinto?

Il tuo dialogo ancora non ti convince? Hai bisogno di aiuto?

Ti ricordo che non sono solo una editor, ma anche e soprattutto una writer coach. In questa pagina, infatti, trovi una lista di argomenti/focus che possiamo affrontare insieme in videocall di una o due ore, per migliorare quello che trovi più ostico.

Per ora spero di esserti stata utile, se hai dubbi, scrivimi a carol@imestieridelleparole.it

Buona scrittura!

Carol Editor e Coach

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